In Giappone il termine manga indica i fumetti di qualsiasi target, tematica e nazionalità, mentre al di fuori del Paese esso è usato esclusivamente in riferimento ai fumetti giapponesi, anche se alcuni dei loro tratti grafici sono divenuti così caratteristici da influenzare lo stile del fumetto anche all’estero.
Questi fumetti hanno delle sostanziali differenze rispetto a quelli occidentali: innanzitutto le avventure dei manga hanno un inizio e una fine, ogni personaggio è presente solo in un’unica serie (che può protrarsi per anni) e non ne “interpreterà” altre. Inoltre il manga giapponese si legge al contrario, dall’ultima alla prima pagina. Le vignette si leggono da destra a sinistra, dall’altro verso il basso. Ci sono tuttavia delle eccezioni: alcuni manga che si leggono da sinistra a destra secondo l’usanza occidentale.
Nel genere “rosa”, detto shyjo, per creare effetti drammatici intensi ed enfatizzare i sentimenti si eliminano le linee divisorie tra le singole vignette.
Dal punto di vista dei fumetti, i giapponesi sono molto patriottici e guardano con sospetto quelli esteri; alcune serie straniere, addirittura, sono state ridisegnate da artisti giapponesi appositamente per il loro mercato.
Tra i manga più famosi: Dragon Ball di Akira Toriyama, Ranma di Rumiko Takahashi, Akira di Katsuhiro Otomo e Monster di Naoki Urasawa.
Anime è un neologismo con cui in Giappone, a partire dalla fine degli anni ’70, si indicano l’animazione e i cartoni animati: è un genere complesso e vario che designa sia un prodotto di intrattenimento commerciale che un fenomeno culturale popolare di massa. È potenzialmente indirizzato ad ogni tipo di pubblico, dai bambini agli adolescenti agli adulti. Gli albori dell’animazione giapponese risalgono già alla fine del periodo Edo, quando alcuni pittori presero a riprodurre dettagliatamente sequenze di movimenti.
Tuttavia, i veri pionieri dell’animazione giapponese furono il pittore Seitaro Kitayama e i vignettisti Oten Shimokawa e Jun’ichi Kychi, che nel 1914, basandosi su soggetti tradizionali, sperimentarono tecniche di animazione rudimentali come fotografare in sequenza disegni realizzati col gesso su una lavagna. Da qui lo sviluppo e l’espansione degli anime sono stati graduali nel tempo.
Sia il fiorente mercato dei manga sia l’avvento della televisione negli anni ’60 hanno contribuito alla nascita e alla fortuna dell’industria dell’anime moderna. Il 1° gennaio 1963, giorno della messa in onda del primo episodio della serie televisiva in bianco e nero Tetsuwan Atom (Astro Boy) può essere considerata quindi la data di nascita dell’industria moderna del cartone animato giapponese.
I personaggi degli anime sono diventati fin da subito protagonisti di pubblicità dei prodotti più disparati, garantendo alle aziende entrate ulteriori, a cui hanno attinto anche i produttori di giocattoli, soprattutto nel genere robotico, finalizzato al successivo merchandising di gadget e modellini.
A cavallo tra gli anni ’80 e ’90, però, l’animazione seriale televisiva declina a causa della prepotente crescita del mercato dei videogiochi. Negli anime si trovano molti riferimenti ad elementi fondamentali del costume e della società nipponici, come le tradizioni shintoista e buddhista, il bushido e il rapporto tra uomo, natura e tecnologia. Tra gli anime più famosi: Sailor Moon, Neon Genesis Evangelion e Ken Il Guerriero.